Il termine “panico” deriva dal greco “panikos”, aggettivo di Pan, divinità silvana per metà uomo e per metà caprone, che viveva nei selvaggi boschi dell’Arcadia. Qui cercava di dare sfogo alla propria esuberanza sessuale. Pan era il terrore delle ninfe e adorava anche spaventare i viandanti che per caso attraversavano i suoi boschi, e lo faceva lanciando ululati terribili: la leggenda vuole che questi urli fossero così terribili che talvolta si spaventava anche lui, scappando a zampe levate.
L’accezione di “panico” deriva proprio da questa leggenda greca: esso è un terrore improvviso, un’incontrollata paura che annebbia per alcuni minuti la razionalità.
L’attacco di panico può essere definito come una crisi di ansia acuta: si manifesta attraverso sintomi simili a quelli dell’ansia, diversi però per durata (più breve) e intensità (molto elevata rispetto alla sintomatologia ansiosa). Gli attacchi di panico possono differire tra loro: alcuni durano giusto qualche minuto, altri si protraggono per più tempo (all’incirca 10 minuti), possono presentare alcuni sintomi prevalenti su altri, ma condividono comunque quattro tipologie di manifestazioni sintomatologiche:
- fisiologiche: tra cui aumento del battito cardiaco, vertigini, palpitazioni, sudorazione, nausea, debolezza, tensione muscolare, dispnea, formicolio, respiro affannoso e sensazione di soffocamento;
- cognitive: in cui rientrano paura di perdere il controllo, paura di morire o di impazzire, paura del giudizio negativo altrui, confusione, immagini spaventose, scarsa concentrazione, difficoltà di ragionamento;
- comportamentali: fuga, evitamento di situazioni e luoghi, ricerca di rassicurazioni, difficoltà a parlare;
- emotive: tra cui nervosismo, irritazione e frustrazione.
PRINCIPALI CAUSE DEGLI ATTACCHI DI PANICO
I motivi che possono portare a un attacco di panico posso essere diversi, tra questi i più comuni sono:
• Cambiamenti importanti nella propria vita (es. matrimoni, genitorialità, lavoro etc.)
• Lutti
• Separazioni
• Traumi
• Condizioni lavorative particolarmente stressanti
• Periodi complicati sotto diversi aspetti (es. concomitanza di problematiche lavorative e familiari)
IL DISTURBO DI PANICO
Di per sé l’attacco di panico non rappresenta una patologia: diventa un disturbo quando il suo ripetersi e le strategie fallimentari messe in atto dalle persone nel tentativo di farvi fronte compromettono in modo incisivo la loro vita.
L’esperienza del primo episodio di panico rappresenta un evento traumatico e in buona parte dei casi accade che il soggetto sviluppi successivamente una particolare attenzione ai segni precoci e premonitori di un attacco (ipervigilanza) e in questo stato tende ad attivare l’atteggiamento ansioso con i noti correlati fisiologici (tensione prolungata, iperventilazione, amplificazione delle sensazioni somatiche). Tra il secondo e i successivi attacchi di panico potrebbe così svilupparsi la sindrome completa caratterizzata da un preciso circolo vizioso: l’anticipazione dell’ansia data dalla ricerca dei sintomi genera a sua volta ansia, che conseguentemente porta alle sensazioni di panico imminente. Questi sintomi vengono interpretati in chiave catastrofica ed estrema per via di distorsioni cognitive (in particolare la catastrofizzazione) e la persona ha un attacco di panico. Su questo meccanismo si inseriscono, poi, i fattori di mantenimento.
Affinché possa essere effettuata diagnosi di disturbo di panico, il DSM 5 stabilisce che devono verificarsi ricorrenti attacchi di panico inaspettati e che almeno uno degli attacchi deve essere seguito da un mese (o più) di uno o entrambi i seguenti sintomi:
• Preoccupazione persistente per l’insorgere di altri attacchi o per le loro conseguenze (perdere il controllo, avere un attacco cardiaco, “impazzire”).
• Significativa alterazione disadattiva del comportamento correlata agli attacchi (es. comportamenti pianificati al fine di evitare di avere attacchi di panico, come l’evitamento di luoghi, attività e circostanze in cui si teme di poter avere un attacco).
IL TRATTAMENTO DEGLI ATTACCHI DI PANICO NEL MODELLO DI TERAPIA BREVE STRATEGICA
La psicoterapia ad approccio strategico concentra il focus dell’attenzione su come la problematica presentata dalla persona funziona e su come è mantenuta nel presente e prevede un modello di trattamento breve degli attacchi di panico (in genere intorno alle 7/8 sedute), ben strutturato e caratterizzato da alcune fasi fondamentali. Tra queste:
1. Definizione del problema
Definire in termini concreti ed operativi la problematica portata dalla persona rappresenta la prima importante manovra terapeutica: la definizione del disagio consente al terapeuta di contestualizzare il problema (dove, come e quando è presente e quando non lo è) e quindi di iniziare a compiere una prima scelta circa le strategie terapeutiche da utilizzare e gli obiettivi da raggiungere.
2. Analisi delle soluzioni messe in atto dalla persona
Nella soluzione di un problema, in genere gli individui tendono a fare affidamento alle esperienze precedenti e sono propensi ripetere le medesime modalità con cui le hanno affrontate, dal momento che in passato si sono rivelate efficaci: tuttavia le soluzioni del passato potrebbero non essere più adeguate al problema presente e rivelarsi, dunque, inefficaci.
Queste “soluzioni”, inoltre, finiscono per alimentare e addirittura peggiorare la problematica che affligge la persona. Tra i primi importanti momenti della terapia, il terapeuta porterà il paziente ad essere consapevole di questi modelli appresi ormai inadeguati, e lo aiuterà a sostituirli con altri più appropriati.
3. Utilizzo di tecniche specifiche
Dopo aver analizzato il problema in tutti i suoi aspetti e aver individuato le soluzioni disfunzionali, si procede alla fase dello sblocco della problematica. In questo momento il terapeuta strategico farà ricorso a tecniche e strategie ben precise, selezionandole in base alle caratteristiche del problema e della persona che ne è portatrice: la Psicoterapia breve ad approccio strategico muove dall’assunto che occorre partire dall’esperienza per cambiare il pensare, e non viceversa.
Una metodologia di intervento molto utilizzata nell’approccio terapeutico strategico è rappresentata dalle “prescrizioni di comportamento”, ovvero una serie di sequenze comportamentali che il terapeuta assegna al paziente tra una seduta e l’altra, con l’obiettivo di fargli sperimentare nuove esperienze che lo porteranno poi al cambiamento (Nardone & Watzlawick, 1990).
4. Raggiungimento degli obiettivi e consolidamento dei cambiamenti
Se la terapia ha lavorato in modo funzionale e la persona ha seguito in modo scrupoloso le prescrizioni del terapeuta, già a partire dalla quarta seduta buona parte dei clienti riferisce di non avere più sperimentato episodi di panico critici, mentre altri potrebbero aver vissuto episodi di ansia (e non panico) che sono tuttavia riusciti a gestire nell’arco di pochi minuti. Nella maggior parte dei casi, alla quinta/sesta seduta gli obiettivi terapeutici sono stati raggiunti: la persona è riuscita a debellare il panico per le situazioni che prima la terrorizzavano, e la terapia si dirige alla sua conclusione affrontando eventuali altre paure rimaste celate. Se queste ultime non sono presenti, si può passare quindi alla fase di consolidamento degli effetti della terapia e dei cambiamenti ottenuti attraverso incontri mensili di follow-up (a 3 mesi, 6 mesi e un anno).
Il modello evoluto di Terapia Breve Strategica (Watzlawick & Nardone, 1997) ha elaborato un vero e proprio “protocollo specifico di trattamento” per gli attacchi di panico (vedi Watzlawick & Nardone, 1997; Nardone, 2016) che prevede una sequenza di manovre e strategie da applicare nel corso delle diverse sedute: attualmente, l’efficacia del trattamento di ansia, fobie e attacchi di panico con il modello breve strategico ha una percentuale alta, con circa il 95% di casi risolti (cfr. Nardone & Watzlawick, 2005).
Bibliografia
American Psychiatric Association. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali – Quinta Edizione. A cura di Biondi M. (2014). Milano: Raffaello Cortina Editore.
Clark DM (1988). A cognitive model of panic attacks. In: S. Rachman & JD Maser (Eds.), Panic: Psychological Perspectives (pp. 71-89). Hillsdale, NJ: Erbaum.
Nardone, G. (1993). Paura, Panico, Fobie. Firenze: Ponte alle Grazie.
Nardone, G. (2016). La terapia degli attacchi di panico. Firenze: Ponte alle grazie.
Nardone, G., Watzlawick, P. (1990). L’arte del cambiamento. Firenze: Ponte alle Grazie.
Petruccelli, F. & Verrastro, V. (2014). La relazione d’aiuto nella psicoterapia strategica. Franco Angeli.
Watzlawick, P. & Nardone, G. (2005). Terapia breve strategica. Milano: Raffaello Cortina.