Nell’ambito del risarcimento dei danni causati illeciti quali infortuni stradali, malpractice sanitaria, infortuni sul lavoro, mobbing etc., si sente sempre più spesso parlare di danno da pregiudizio esistenziale. Da un punto di vista giuridico, il concetto di danno esistenziale fa parte della più generale categoria di “danno non patrimoniale”, ovvero quella tipologia di danno non connotato da rilevanza economica che va ad inficiare l’equilibrio psichico, la dimensione morale, i valori e le attività di un individuo. Tra i danni di natura non patrimoniale rientrano il danno biologico, il danno psichico, il danno morale e il danno con pregiudizio esistenziale, e i loro risarcimenti avvengono nei casi previsti ex art. 2059 c.c.
COSA SI INTENDE PER DANNO ESISTENZIALE?
Con l’espressione danno con pregiudizio esistenziale si fa riferimento ad una alterazione dello stile di vita di una persona, che si riflette sulla propria personalità e che si manifesta principalmente nelle relazioni familiari-affettive e nelle attività realizzatrici (es. lavoro, hobbies, situazioni sociali etc.) di una persona. Questa tipologia di danno può essere presente in tutte quelle occasioni in cui un illecito impedisce all’individuo che ne è vittima di continuare a svolgere le attività che rappresentano elementi importanti per il proprio equilibrio e per lo sviluppo della propria persona, generando in essa uno stato di malessere e un disagio psichico caratterizzato da ansia, angoscia, sentimenti di perdita e/o manifestazioni depressivi: per esempio, il modo di essere di un individuo può essere danneggiato in seguito ad un illecito attraverso la perdita del lavoro, di un legame affettivo, di un impegno sportivo (Cendon, 2000), ma anche a causa di una lesione invalidante e di tutte quelle situazioni che stravolgono all’improvviso l’equilibrio di una persona, comportando condotte di vita diverse e un altro modo di rapportarsi con il mondo esterno. Il danno esistenziale è, quindi, concreto, tangibile e visibile a chiunque.
QUALI SITUAZIONI POSSONO COMPORTARE UN DANNO ESISTENZIALE?
Di seguito alcuni sono riportati alcuni contesti in cui è possibile che si verifichi un danno con pregiudizio esistenziale:
• Incidenti stradali;
• Infortuni professionali:
• Malpractice sanitaria;
• Danno da colpa professionale;
• Mobbing lavorativo, familiare e coniugale;
• Maltrattamento e/o su donne o minori;
• Idoneità per la ratificazione di attribuzione di sesso.
LA VALUTAZIONE PSICOLOGICA
La valutazione psicodiagnostica del danno con pregiudizio esistenziale prevede alcune fasi fondamentali (cfr. Abazia, 2009). Tra questi, troviamo in primo luogo l’anamnesi (familiare remota ed attuale, quella fisiologica e psicopatologica, quella scolastica e lavorativa), a cui segue il colloquio clinico, attraverso cui è possibile indagare gli avvenimenti accaduti prima dell’evento lesivo e quelli successivi, così come le aree maggiormente compromesse e il modo in cui lo stile di vita della persona è stato effettivamente alterato. Successivamente è previsto un esame psicodiagnostico, che consiste nella somministrazione di una batteria di test utili per tracciare un profilo della situazione attuale della persona vittima di illecito, che permette di rilevare nel modo più oggettivo possibile l’aspetto relativo al danno. Una volta ottenute tutte le informazioni relative al danno e alla sua portata, si procederà con l’applicazione di un criterio di calcolo e la stesura della relazione finale.
Bibliografia
Abazia, L. (2009), La perizia psicologica in ambito civile e penale. Storia, sviluppi e pratiche, Franco Angeli.
Cendon, P. (2000), Il danno psichico, in Ziviv, P. (a cura di), Il danno esistenziale, Milano: Giuffrè.