Il cervello ipnotizzato: cambiamenti nelle aree cerebrali durante lo stato di trance

Considerata troppo spesso come qualcosa di sovrannaturale, avvolta da un alone di mistero e giudicata da alcuni con molto scetticismo, l’ipnosi ha da sempre suscitato una grande curiosità negli esseri umani: in realtà, nel processo ipnotico, di magico non c’è proprio nulla e tantomeno esso ha a che fare con presunti poteri paranormali di cui l’ipnotista sarebbe il detentore. Inoltre, diversi studi hanno dimostrato che l’ipnosi non è nemmeno identificabile con il sonno e il sonnambulismo: di diverso rispetto allo stato di veglia, gli individui in stato di trance ipnotica hanno l’attenzione che è profondamente focalizzata sul proprio stato interiore.
Ma in che modo influisce l’ipnosi sul nostro cervello?

Attenzione, controllo e coscienza dell’ambiente

Un gruppo di studiosi della Hull University (Inghilterra) hanno condotto una ricerca in cui monitoravano l’encefalo di alcuni individui in stato ipnotico ai quali erano stati assegnati alcuni compiti: attraverso l’osservazione di ciò che accadeva sia durante lo svolgimento delle mansioni sia nei momenti di intervallo e attraverso risonanza magnetica, i ricercatori hanno rilevato con precisione che l’ipnosi provoca una serie di cambiamenti di attività nelle aree prefrontale e parietale, aree cerebrali coinvolte anche nell’attenzione.

A sostegno di questi risultati, è utile qui riportare i risultati di uno studio effettuato da alcuni ricercatori presso la School of Medicine della Stanford University (2016). I ricercatori hanno reclutato 500 individui e hanno valutato il loro grado di ipnotizzabilità, che in genere può variare molto da persona a persona: tra questi ne sono stati selezionati 36 considerati altamente ipnotizzabili e 21 che, invece, avevano un bassissimo grado di ipnotizzabilità. Le persone selezionate sono state sottoposte alle consuete procedure di induzione dell’ipnosi e, contemporaneamente, il loro cervello veniva analizzato con la risonanza magnetica funzionale. È stato osservato che i due gruppi mostravano differenze nell’attività cerebrale, soprattutto nelle aree dedicate all’attenzione, al controllo del movimento e alla coscienza dell’ambiente: in particolare, i ricercatori hanno rilevato una diminuzione delle attività nella zona dorsale cingolo anteriore, che porta ad un aumento della concentrazione su sé stessi e a una diminuzione dell’attenzione per tutto ciò che è intorno. Il gruppo di ricerca ha inoltre evidenziato un aumento delle connessioni tra la corteccia prefrontale, dorsolaterale e l’insula: queste favoriscono, ovvero, un processo di controllo da parte del cervello su ciò che accade nel corpo. L’insula, inoltre, è associata alla funzione somatica, all’elaborazione del dolore e al senso di emozione, all’empatia e alla percezione di tempo: nella tesi dei ricercatori, questo potrebbe spiegare in che modo l’ipnosi influisce sulle persone nell’elaborazione del dolore.

Cervello, ipnosi e trattamento del dolore

Numerosi studi di neuroimaging funzionale hanno dimostrato come l’ipnosi sia in grado di modulare la percezione e la tolleranza del dolore, influenzando l’attività corticale e sottocorticale delle regioni cerebrali coinvolte in questi processi (cfr. Del Casale et al., 2015). Del Casale et al. (2015) hanno effettuato una metanalisi al fine di identificare i modelli di attivazione/disattivazione cerebrale che si verificano in condizioni di dolore modulato dall’ipnosi: negli studi passati in rassegna, gli autori hanno rilevato che si sono verificati svariati cambiamenti nella funzionalità cerebrale in tutti i componenti della rete del dolore e in altre aree cerebrali, e che la corteccia cingolata anteriore sembra essere centrale nella modulazione dell’attività dei circuiti del dolore durante l’ipnosi. La maggior parte degli studi ha anche dimostrato che le funzioni neurali delle cortecce prefrontali, insulari e somatosensoriali vengono costantemente modificate durante le condizioni di dolore modulate dall’ipnosi, supportando così l’efficacia dell’uso clinico dell’ipnosi nella gestione del dolore.

Uno studio condotto da Derbyshire et al. (2009) e pubblicato sull’American Journal of Clinical Hypnosis, ha indagato l’efficacia dell’ipnosi nel promuovere un miglioramento a livello di benessere in un gruppo di pazienti affetti da fibromialgia: gli autori sono partiti dall’ipotesi che attuare un intervento integrato comprendente la partecipazione ad una sessione ipnotica e ad un programma di esercizi di autoipnosi da fare in autonomia avrebbe comportato un miglioramento nell’intensità del dolore, nei livelli di energia e nel benessere emotivo dei pazienti.
I ricercatori hanno reclutato 97 partecipanti, che sono stati divisi in due gruppi: un gruppo dove la terapia prevedeva anche l’utilizzo di ipnosi e auto-ipnosi e un gruppo che seguiva, invece, la terapia tradizionale. I gruppi sono stati seguiti per sei mesi e valutati attraverso scale che misuravano le caratteristiche del dolore, i livelli di energia, l’interferenza dei sintomi nella vita quotidiana e i sintomi depressivi. Dai risultati è emerso che nel gruppo che prevedeva l’ipnosi, si sono verificati miglioramenti nella riduzione del dolore e nell’aumento dei livelli di energia, nel benessere e nella qualità della vita, nonché sul piano emotivo.

Un altro recente studio di Berger e collaboratori (2010) ha confrontato un gruppo di pazienti sottoposti a cure standard con un secondo gruppo che, alle cure previste, accostava anche alcune sessioni ipnotiche per la gestione del dolore. Quest’ultimo gruppo ha mostrato un miglioramento più veloce sia dal punto di vista fisico (tra cui miglioramento della soglia del dolore, aumentata efficacia dei farmaci, ridotto ricorso ad anestesie generali) che dal punto di vista psichico, testimoniato da consistente riduzione dei livelli di ansia, diminuiti livelli di sentimenti depressivi e aumento della sensazione di benessere.

Le ricerche presenti in letteratura dimostrano, dunque, che il ricorso all’ipnosi per il trattamento del dolore, acuto o cronico, potrebbe influire in modo significativo sulla condizione dei pazienti, migliorando non solo il percorso di cura ma anche gli aspetti legati al benessere fisico ed emotivo.

Bibliografia

Berger, MM, Davadant, M, Marin, C, Wasserfallen, J, Pinget, C, Maravic, P, Koch, N, Raffoul, W, Chiolero, RL. (2010) Impact of a pain protocol including hypnosis in major burns. Burns.36:639-646.

Derbyshire SWG, Whalley MG, Oakley DA. (2009) Fibromyalgia pain and its modulation by hypnotic and non-hypnotic suggestion: an fMRI analysis. European journal of pain. 13:542-550.

Antonio Del Casale, Stefano Ferracuti, Chiara Rapinesi, Daniele Serata, Saverio Simone Caltagirone, Valeria Savoja, Daria Piacentino, Gemma Callovini, Giovanni Manfredi, Gabriele Sani, Georgios D. Kotzalidis & Paolo Girardi (2015) Pain Perception and Hypnosis: Findings From Recent Functional Neuroimaging Studies, International Journal of Clinical and Experimental Hypnosis, 63:2, 144-170, DOI: 10.1080/00207144.2015.1002371

Jiang H, White MP, Greicius MD, Waelde LC, Spiegel D. Brain Activity and Functional Connectivity Associated with Hypnosis. Cereb Cortex. 2017 Aug 1;27(8):4083-4093. doi: 10.1093/cercor/bhw220. PMID: 27469596; PMCID: PMC6248753.

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